giovedì 25 febbraio 2021

Web e televisione; per il ciclismo il sorpasso è arrivato

 



Vissuta e passata la sfida elettoral-ciclistica della Federciclo con Dagnoni nuovo padrone di casa. Ma soprattutto si è chiusa la prima campagna elettorale seguita come mai prima. Cos’erano le elezioni precedenti? Qualcosa nella stampa specializzata, qualche articolo nei quotidiani sportivi quando mancavano una decina di giorni all’elezione, un articolo o poco più a giochi fatti, con un servizio televisivo di forse due minuti. 

Sarà che Silvio Martinello è persona che, tra RAI tivù e Radio RAI, ha fatto della comunicazione un bel pezzo della sua vita post-ciclismo, ma il suo approccio dedito a far conoscere al pubblico il suo programma ha obbligato gli altri candidati ad adeguarsi. Una campagna elettorale che per la prima volta è stata seguita, discussa, criticata ed elogiata non solo dagli addetti ai lavori, ma da tutte le persone appassionate che potevano sedere di fronte al PC. Si, perché il web è stato protagonista indiscusso per la diffusione delle notizie al riguardo

Il mondo della rete è ormai sempre più casa per gli appassionati di ciclismo. Le notizie che arrivano  in televisione spesso sono già date ed approfondite tra spazi social, blog o siti web più o meno professionali. Senza web quanto avremmo potuto conoscere i progetti dei candidati? Seguire in diretta le fasi dell’elezione? 

La televisione è ormai una fonte di secondo piano per gli approfondimenti sul ciclismo. Dopo un decennio di crescita continua, quello da poco passato, ormai non v’è paragone sulla differenza (enorme) di scelta che esiste nel web per seguire la disciplina ciclistica. L’hanno capito quasi tutti nel decennio precedente, tranne l’organizzazione del Giro femminile, avente un sito web che dal punto di vista dei contenuti è lo stesso di dieci anni addietro, godendo ogni tanto di una ‘rinfrescata’ sul discorso grafico.  


domenica 21 febbraio 2021

Elezioni FCI: due cose che speravamo di sentire.




Nonostante questo spazio si sia esposto da tempo a favore di un nome tra i candidati, in queste settimane abbiamo cercato di trovare e condividere più confronti possibili tra il poker di pretendenti alla presidenza della Federciclo di casa nostra, per offrirvi la più variegata platea di progetti, opinioni, buoni propositi. Abbiamo ovviamente avuto un occhio di riguardo sull’argomento ciclistico femminile, quest’ultimo ben poco discusso. Se da un lato il pensiero era che quando si parlava di ciclismo su strada era sottinteso tutto il mondo ciclistico di qualunque categoria, dall’altra però speravamo di più perché due cose non sarebbe stato male analizzarle.

1) Ciclismo rosa di casa nostra;

l’arrivo del World Tour femminile rappresenta una realtà di alto livello senza dubbio, ma solo per chi se la può permettere. Quando è stato varato è capitato che la 1^ Classe è salita di un gradino diventando Business Class, ma togliendo la seconda classe e trasformandola in turistica. Già questo è tema che rischia di costruire differenze che potrebbero – speriamo di no – riportare il ciclismo rosa di casa nostra a rivivere quel periodo dove poche persone lo tenevano in mano. 

2) Salto con l’asta, senza l’asta;

continuare senza la categoria Under 23 il famoso ‘salto’ (da Juniores direttamente a Elite) rende le cose ben più complicate, favorendo una maggiore possibilità di perdere per strada un numero di ragazze che spesso, ciclisticamente parlando, devono crescere in fretta. Non tutte hanno il talento enorme di una Paternoster o di una Balsamo, non tutte riescono a trovare un ambiente dove la parola ‘pazienza’ trova casa ed è accettata da dirigenti o tecnici. 

Ecco due motivi che speravamo potessero diventare argomento di discussione prima e impegno poi.


mercoledì 17 febbraio 2021

Tempo scaduto ?


Sicurezza e impianti, centri di formazione, categorie giovanili, reclutamento, ne hanno parlato tutti i candidati alla presidenza FCI durante le "live" che si sono succedute su Facebook e su altre piattaforme online nel corso delle ultime settimane. Tante chiacchiere, tante belle parole,tante idee, peccato che manchino i "mezzi", leggi "soldi" per metterle in pratica, perchè come si evince dall'ultimo bilancio FCI gli sponsors incidono pochissimo (e sarebbe interessante saper dove finiscono quei soldi) a fronte di un budget di spesa per quanto riguarda la voce "dipendenti" e quindi comitati regionali, provinciali per non parlare di coloro i quali lavorano a Roma che è in netta controtendenza. Che sia il caso di snellire la "macchina burocratica" visti i costi esorbitanti che comporta ?

Parliamo di centri di formazione, si vuole incentivare la pratica del ciclismo sopratutto nei velodromi (che meritano un paragrafo a parte) quando chiunque frequenti o abbia frequentato l'ambiente a vario titolo sa che quando va bene la stessa bicicletta da pista opportunamente adattata viene usata da tre praticanti. Sembra di essere nel 1998 quando su alcune testate giornalistiche del settore se ne parlava, quando si diceva che si riusciva a malapena ad avere il vestiario da gara, altro che le bici... Siamo nel 2020 e ça va sans dire, non è cambiato niente, nel frattempo abbiamo avuto ct delle nazionali su strada "pro" pagati uno sproposito mentre all'estero, parole di Francesco Moser, "venivano nominati li' per li' ogni anno", soldi che potevano essere investiti meglio già allora per la "base" o per realizzare delle strutture indoor all'altezza della situazione e invece... 

La domanda è sempre la stessa: Niente ? NIENTE. Non è stato fatto niente e solo adesso ci stiamo, anzi, si stanno rendendo conto che la "base" è quanto mai fragile e senza quella crolla tutto quanto ci sta sopra. Mi domando con quali mezzi i candidati vogliono realizzare i loro progetti, davvero.

                                                      Velodromi


Da anni continuiamo ad inseguire mentre all'estero, in Francia, nel Regno Unito, in Australia, Germania, Nuova Zelanda per citare le nazioni dove esiste una forte "cultura" del ciclismo su pista, la base è solida perchè le cose sono state fatte quando era il momento di farle, è stata creata una scuola di tecnici di primo ordine e i corridori sono stati messi in condizione di lavorare al meglio. Il Regno Unito dove vive chi scrive, ha sei velodromi indoor, le università  hanno le squadre di ciclismo sul modello dei colleges americani, i meetings su pista sono seguitissimi e quasi sempre sold out (nella foto sopra, il velodromo di Manchester durante i campionati nazionali inglesi 2019 ai quali chi scrive era presente), le scolaresche vengono invitate ad assistere alle gare e il reclutamento di giovani promesse viene da se,' perchè su 1500-2000 bambini/bambine è normale e automatico che più di uno/una pensi "voglio provare anch'io, voglio essere come Jason Kenny o Victoria Pendleton". 

In Italia ? In Italia il pubblico delle grandi occasioni nei velodromi (per lo più all'aperto, vetusti e scomodi) non si vede dai tempi delle Sei Giorni di Milano al vecchio Palasport di San Siro, perchè in Italia, o manifestazioni TOP oppure nulla, gli appassionati non si muovono da casa.  Niente pubblico, zero incassi, poca voglia degli sponsors di investire (e non li biasimo), bene o male sempre li' si torna.

 Impianti, strutture, programmazione, tutte cose che non si fanno dall'oggi al domani, mentre all'estero la macchina organizzativa è bene oliata ormai, in Italia ci si aggrappa alla speranza che arrivino delle medaglie dalla rassegne mondiali, olimpiche eccetera,dietro non c'è niente altro se non la grinta e la determinazione dei corridori e la capacità di spaccare il cappello in quattro dei tecnici (Salvoldi in primis) che hanno pochissimi mezzi a disposizione e compiono degli autentici miracoli.

Altra domanda: i soldi, pochi o tanti che fossero, a differenza dell'Italia sono stati forse utilizzati MEGLIO all'estero ? A Milano abbiamo il Vigorelli che potrebbe essere un gioiello se solo si volesse: possibile che in tutti questi anni nessuno abbia mai pensato a un progetto per coprirlo lasciando il layout della pista inalterato ? Possibile che con tutti i soldi derivanti dai finanziamenti del CONI non si sia mai riusciti a trovare le risorse per metterlo in condizione di essere fruibile 365 giorni all'anno ? Perchè in America si realizzano strutture coperte come gli stadi NFL da 70-80000 spettatori e in Italia non è mai stato possibile pensare a un Vigorelli indoor ? La struttura c'è già, basterebbe coprirla, dotarla dei servizi necessari e avremmo un signor impianto facilmente raggiungibile da tutto il Nord Italia coi mezzi pubblici (ovviamente non adesso per via del Covid). Invece no, inseguiamo improbabili cattedrali nel deserto come il velodromo di Spresiano che, qualora venisse ultimato, verrebbe usato ben che vada dai veneti e dai trentini. Abbiamo Montichiari è vero, ma anche li' stesso problema, è bello anche se non capientissimo, ma arrivarci senza automobile è un "parto". Bella struttura ma sprecata per via della sua ubicazione. Servirebbero poi minimo altri due velodromi indoor, uno al centro e uno nel sud Italia, ma se non sono mai stati costruiti prima, non vedo come possano vedere la luce in questo periodo storico, la loro mancanza è un "freno" di quelli grossi alla crescita del movimento; certo, ci sono strutture all'aperto ma non bastano.


                             Reclutamento, sicurezza e bike parks

                                    

A mio modo di vedere, parlare di sicurezza e pretendere di portare in pista dei "giovanissimi" mi pare irrealistico, servono più velodromi (anche all'aperto in questo caso), dove un ragazzino di 10-11-12 anni possa apprendere i rudimenti della guida del mezzo senza dover avere a che fare con le pendenze esasperate che si possono trovare nei velodromi "tradizionali" e possa allenarsi in condizioni di reale sicurezza. Portare un G4 a Montichiari piuttosto che a Dalmine senza che abbia imparato come stare in bici equivale a portare un giovane kartista alle prime armi da Lonato a Monza o Daytona senza avergli fatto fare nessun passaggio intermedio e sperando che tutto vada bene, ecco perchè servirebbero velodromi come quello del Parco Nord di Cinisello Balsamo sul quale chi scrive ha anche pedalato anni fa, strutture che possono essere una bella "palestra formativa" sopratutto per i giovanissimi in TOTALE sicurezza. Bike parks ok, ma che non siano "dedicati" solo a MTB e BMX.

Il reclutamento: il ciclismo tradizionalmente attinge da famiglie dove i genitori hanno corso in bicicletta, dove ci sono fratelli o sorelle maggiori che corrono in bicicletta, è stato così per chi scrive ed è così per un buon 80-90 per cento dei casi. La soluzione al problema passa attraverso una migliore "promozione" del prodotto "ciclismo", avere velodromi coperti, incentivare le scuole a portare i bambini a vedere i meetings su pista ma non solo. Duole assai dirlo, ma da sempre il ciclista, nell'immaginario collettivo viene visto come il "fratello sfortunato" di quello che pratica il calcio, il tennis, la pallacanestro solo per citare qualche disciplina, perchè il ciclismo viene "venduto" male, le corse minori vengono passate in tv a orari improponibili, riprese male e commentate pure peggio con speakers che pare si divertano a fare a gara a chi dice lo strafalcione più grosso e a chi storpia di più e meglio i nomi dei corridori. Duole inoltre dire che i casi di doping non aiutano e tengono alla larga dal movimento i genitori di quei ragazzini che vorrebbero correre. 

Personalmente, se avessi un figlio che volesse iniziare, non so se mi sentirei così tranquillo sapendo come funzionano le cose, vedendo come vengono trattati anche i più giovani, cercherei un team manager assolutamente al di sopra di ogni sospetto e con un forte progetto "ETICO" prima che tecnico, un manager che non cerchi il risultato a tutti i costi, ce ne sono, non sono molti purtroppo e più si sale con le categorie e più si va a peggiorare. L'ambiente deve darsi una regolata in materia di doping, altrimenti sarà sempre più difficile mantenere in vita il settore giovanile senza il quale il movimento d'elitè rischia di scomparire. Senza credibilità non si va da nessuna parte.

Tirando le somme: si è fatto troppo poco in passato, si cerca di recuperare affannosamente e come se non bastasse c'è questa pandemia che rende tutto ancora più complicato, mentre all'estero con le dovute cautele si continua a fare attività e a formare nuovi atleti. A meno di improbabili miracoli, chi scrive non vede come si possa attuare il tanto auspicato cambiamento senza mezzi, senza strutture e con una pandemia che ci penalizza di più rispetto ad altre nazioni.