giovedì 29 luglio 2021

Sole contro tutto e tutti.

 



Avremmo potuto scrivere l'ennesimo articoletto come ce ne sono tanti su internet sul Giro d'Italia 2021 limitandoci al solito "la prima è arrivata prima, la seconda è arrivata seconda, la terza è arrivata terza" e così via, non sarebbe servito a niente. Una volta di più, vogliamo offrire un punto di vista diverso e analizzare i motivi per i quali le italiane da dieci anni a questa parte faticano ad essere protagoniste.

Mancano le atlete con particolare predisposizione alle corse a tappe ? È semplicemente una questione di talento, di "cilindrata", di mentalità e quindi non c'è molto che si possa fare ? Le straniere "fanno semplicemente un altro mestiere" ?

Per chi scrive è la combinazione di questi fattori, dai tempi della Luperini, non abbiamo più avuto una atleta capace di esprimersi ai massimi livelli su una corsa a tappe di 10 giorni, abbiamo fatto bene nelle corse di un giorno, molto bene in pista ma il settore "strada" ha segnato il passo: tante ragazze fatte passare per delle autentiche "stelline" da alcuni suiveurs e media "amici" di team managers e organizzatori, atlete che per qualche fotina su fb si sono sentite "arrivatissime", tante "eterne promesse di un domani che non è mai diventato oggi" semicit. , ma anche tanti talenti "veri" lasciati "andare" per colpa di un "sistema" (team managers e media) che ha sempre pensato ad apparire, che ha sempre anteposto il "parlare" al "fare", same old story.

Ci sono le professioniste "vere" e quelle che lo sono solo sulla carta, da una parte abbiamo le solite Anna VDB, Van Vleuten, Vos e compagnia che fanno le cicliste di professione, dall'altra abbiamo tante, troppe ragazze che devono fare i salti mortali per ritagliarsi il tempo per allenarsi tra studio e lavoro, va da se' che nel momento in cui le "top" possono permettersi di pensare solo al ciclismo allenandosi coi professionisti ai ritmi dei professionisti, sulle distanze dei professionisti, facendo gli stages coi professionisti, non può esserci gara. Una corsa a tappe di 10 giorni per le azzurre diventa come una partita tra l'Inter e il Renate (con rispetto parlando), a San Siro, con 80.000 spettatori in tribuna: il risultato è scontato fin dal riscaldamento pre partita.

Il 38% delle atlete, parallelamente al ciclismo segue un percorso di studi, il 39% delle atlete lavora, il 24% ha un lavoro che le tiene impegnate per meno di 20 ore la settimana, il 15% lavora per più di 20 ore la settimana, il 34% delle atlete della categoria elitè non percepisce lo stipendio e il divario continua ad allargarsi. "Il ciclismo è uno sport spietato" mi diceva sempre il mio DS e non aveva torto, serve talento certo, ma serve anche la massima dedizione per poter fare le grosse prestazioni, gareggiare ad alti livelli e farlo come se fosse un hobby non porta a niente.

Cosa possono veramente dare le azzurre in un grande Giro ? Qual'è il loro vero potenziale ? Non si sa e stante lo staus quo, non lo sapremo mai fino a quando non saranno messe in condizione di potersi dedicare solo ed esclusivamente al ciclismo, fino ad allora potremo solo sperare in qualche exploit isolato, qualche piazzamento e nulla più aggrappandoci alla Longo Borghini per le gare di un giorno (complimenti per il bronzo di Tokio che ancora una volta ha tenuto a galla il movimento ciclistico italiano su strada). 

Chi scrive non cerca scuse per giustificare le sconfitte delle italiane (sport molto praticato dai tifosi va detto), il movimento viaggia a due velocità (troppo) diverse e i problemi di cui abbiamo discusso ampiamente qui sul blog in quest'ultimo anno, ma anche 15 anni fa sempre su questa piattaforma prima di una chiusura che definire "forzata" è poco, restano (sempre) gli stessi; nessuno ( media o presunti tali e pagine fb) ne parla e pare che vada tutto benissimo, l'importante è avere il pass per le foto sotto il palco delle premiazioni, per le cene sociali, per le presentazioni a inizio stagione ecc. Il movimento non cresce ? Non importa, "basta che se magna", same old story.

venerdì 2 luglio 2021

Sotto a chi tocca; a voi appassionati!



Agganciare le tacchette ai pedali, allacciare il cinturino del casco, attaccare il numero sopra le tasche della maglietta e via col riempire la borraccia. Bene, con le cicliste ci siamo. E adesso?  Adesso toccherebbe a diversi altri attori entrare in scena; stampa, organizzatori, televisioni, web.... E poi? E poi l’appassionato che può esserci.

Eh si gente, ecco il succo di queste righe. Appassionati e appassionate carissimi, chi tra voi potrà esserci sarà presente? O rivedremo quell’Italia ciclistica che per il Giro dei maschietti piglia il giorno di ferie 4 mesi prima e che il Giro femminile manco sa quando inizia e finisce? Quello stivale ciclistico che per i maschietti parte di casa alle sette del mattino, si fa un’ora (stiamo bassi) d’automobile, scarica la bici dall’auto e pedala un’altra ora perché il tornante tal dei tali sarà perfetto per aspettare ore, mentre quando gli chiudono la strada 20 minuti per il passaggio delle ragazze sono sacramenti perché; “Sono in ritardo per il lavoro. Ma passano proprio adesso?..” 

Anche il pubblico dal “like” più veloce del west deve – QUANDO PUO’ – fare la sua parte. Come dici? A luglio farà caldo? Certo. Anche quando sei andato sull’Alpe d’Huez per il Tour quel giorno di qualche anno addietro, ricordi? Era un caldo bastardo ma ci sei rimasto lo stesso ad attendere ore cucinandoti il cervello. E la grandinata sul Passo di Tizio e Caio? E il freddo becco sulle Tre Cime per il Giro di Nibali, che sei rientrato a casa che erano quasi le otto di sera? 

Le ragazze hanno bisogno di mani che le possano applaudire a bordo strada, voci che le possano sostenere, di una richiesta di foto insieme mezz’ora prima di una partenza. Ognuna di queste cose vale cento “like”. Se davvero adesso da parte della nuova veste organizzativa vi è una forte volontà di far fare un benedetto salto di qualità alla corsa, anche gli appassionati (e appassionate) che ne hanno la possibilità devono fare la loro.