martedì 1 dicembre 2020

Perchè Di Rocco non è fuorigioco.

 



Pare che il non più lontano 2021 potrebbe rappresentare la fine dell’era ciclistica Di Rocco-Federciclo. Potrebbe, perché quando si gioca sulla scacchiera dei piani alti, nelle stanze dei bottoni, lo sport deve vedersela con la politica, gli interessi, le promesse, gli scambi di favore che diventano voto. La persona che settimane addietro, prima di tutti, si è presentata con la volontà di candidarsi per la presidenza e, sempre prima di tutti, ha iniziato a far conoscere le sue intenzioni nel caso di nomina è Silvio Martinello. Non stiamo a disquisire sulle possibilità dei candidati, sui perché si e perché no, sui pregi o sugli eventuali difetti. 

Quello che ha riscaldato l’ambiente nel periodo dedicato alla campagna elettoral-ciclistica è il clima abbastanza pepato che pian piano si è fatto strada. Dichiarazioni che da una parte all’altra si sono fatte strada anche in modo un po’ acido. Certamente non l’ideale, ma forse figlie di un qualcosa che non si veda l’ora che cambi, mentre vi è una controparte che di farsi da parte non ne ha una gran voglia, o quantomeno non ha una gran voglia che le cose cambino troppo. 

Due motivi per cui Di Rocco non è ancora fuori? Uno potrebbe essere che noi italiani abbiamo da sempre, per cultura, una paura dannata dei cambiamenti. Un’altra è che Di Rocco non viene soltanto da tre lustri da padrone di casa, ma da altrettanti nel dietro le quinte. In Federciclo vi sono persone che senza lui avrebbero dovuto trovarsi altro da fare la domenica. Quindi se da un lato vi è un candidato (Martinello) che sembra essere visto in maniera positiva, lo stesso dovrà vedersela con rappresentanti regionali o provinciali che a Di Rocco devono non poco.


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